Come e quando è nata la PNEI

Da un punto di vista scientifico le prime conferme sul potere terapeutico delle emozioni positive arrivano, negli anni ‘70, con il caso del giornalista Norman Cousins, colpito nel 1964 alle ossa da una malattia di origine autoimmune (spondilite anchilosante) che gli creò gravi problemi nella deambulazione e in tutti i movimenti. Il giornalista, dopo le terapie somministrategli in ospedale, all’epoca essenzialmente a base di antidolorifici, decise di abbandonare le cure tradizionali e di tentare un approccio del tutto inusuale che prevedeva la somministrazione giornaliera di:
25 grammi al giorno di vitamina C, da assumere mediante flebo
3-4 ore di ilarità con la visione di film comici.
Guarì, inaspettatamente, dopo un anno.

Relazioni fra emozioni, mente e corpo
Dopo la guarigione di Norman Cousins e in particolar modo a partire dagli anni ’70, si portarono avanti molti studi sul rapporto non solo psicologico, ma anche biochimico tra emozioni, mente e corpo.
Questi studi hanno spiegato in maniera più articolata i meccanismi alla base della relazione tra i neurotrasmettitori e i neurorecettori che è stata definita del tipo chiave e serratura. Un sistema di comunicazioni in cui i neuropeptidi “parlano” e i recettori “ascoltano”.
La statunitense Candace Pert, neuroscienziata, biologa e farmacologa di fama internazionale, ritiene che questo sistema di comunicazioni sia fondamentale per la biochimica delle emozioni.
“Quando avremo dimostrato la misura in cui le emozioni (espresse tramite molecole neuropeptidi) influenzano il corpo – dice la studiosa – diventerà chiaro come esse possano rappresentare una chiave per comprendere la malattia”.

La dott.ssa Pert porta avanti i suoi studi sul ruolo dei neuropeptidi nel funzionamento del sistema immunitario. Il suo primo lavoro di ricerca riguardò la scoperta dei recettori degli oppiacei e la loro azione. Ha tenuto conferenze in tutto il mondo spiegando le sue teorie sulle emozioni e comunicazione corpo/cervello.
Il suo famoso libro Molecole di Emozioni – perché sentiamo quel che sentiamo? – tratta proprio questi argomenti.
La studiosa, che ha coinvolto molti pazienti nelle ricerche cliniche per il trattamento della psoriasi, malattia di Alzheimer, sindrome da affaticamento cronico, ictus e traumi cranici, afferma che all’inizio del suo lavoro, pensava che le emozioni fossero solo nella testa. Poi comprese che esse si estendono e si esprimono anche nel corpo. Dal forte legame fra mente e corpo, ne consegue la correlazione fra sofferenza psicologica e malattia fisica. E da questo deriva la maggiore possibilità di ristabilire buone condizioni fisiche, con un atteggiamento mentale positivo.

Sia ben chiaro che comunque la storia di guarigione di Norman Cousins, non intende sostenere l’inutilità dell’intervento medico, indispensabile in molti casi, utile in moltissimi. Ma che certamente l’intervento medico ha migliori prospettive di successo se affiancato dalla “via naturale della medicina” cioè l’autoguarigione che aiuta il corpo a riallinearsi in modo positivo. Quindi fa sempre più strada l'idea che la medicina integrata sia una strategia vincente.

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