Il cavallo viene utilizzato in medicina sino dai tempi più antichi. Infatti, già diversi anni a. C., l’equitazione veniva consigliata per curare patologie di vario genere, come l’insonnia, forme di epilessia e impiegata come trattamento riabilitativo in alcuni casi di paralisi.
Soltanto a partire dagli anni ‘50, l’ippoterapia viene riconosciuta ufficialmente dalla scienza medica.
Attualmente la riabilitazione equestre è praticata in molti paesi del mondo; in Italia viene attuata secondo un approccio globale che pone le sue basi sull’interrelazione tra persona diversamente abile, cavallo e terapista, senza escludere a priori nessun tipo di disabilità.
L’ippoterapia è un complesso di tecniche rieducative che permette di superare danni sensoriali, cognitivi e comportamentali attraverso un’attività ludico-sportiva che si svolge a cavallo.
A volte, erroneamente, l’ippoterapia viene considerata un mero momento ricreativo, ma questo è molto riduttivo; infatti proprio perché coinvolge il soggetto globalmente, nella sua unità di corpo e mente, la riabilitazione equestre è indicata nel trattamento di molteplici patologie: dalle paralisi cerebrali infantili a quelle centrali o periferiche conseguenti ad encefalopatie, poliomielite o ictus, dalle lesioni midollari conseguenti a traumi alla spina bifida, dalla schizofrenia, all’autismo, alle psicosi infantili, a vari disturbi sia del comportamento che dell’equilibrio.
La particolare andatura del cavallo oltre ad aiutare a rinforzare la tonicità della muscolatura, rievoca la cadenza umana, con grande beneficio per chi non è in grado di camminare.