Soltanto una minima parte della vitamina D si assume con gli alimenti, tutto il resto lo sintetizziamo noi stessi esponendoci alla radiazione solare UV a partire da un precursore presente nell’epidermide, il deidrocolesterolo. Infatti, un importante fattore di rischio di ipovitaminosi D è la ridotta esposizione al sole. Bambini e ragazzi trascorrono troppo tempo in ambienti chiusi svolgendo attività sedentarie.
Basterebbe esporre gambe e braccia tre volte a settimana a mezz’ora di sole oppure tutti i giorni 15 minuti. Un altro fattore responsabile della carenza è l’obesità: la vitamina D è liposolubile e viene catturata nel tessuto adiposo; si rammenta che un terzo della popolazione in età evolutiva in Italia è obeso/sovrappeso.
Va precisato che sono a maggior rischio i fototipi scuri, con una cute naturalmente più protetta dai raggi. Loro hanno bisogno di una esposizione maggiore.
Inoltre, l’utilizzo eccessivo e protratto di creme con filtri solari alti riduce drasticamente la sintesi della vitamina D. In tanti casi basterebbe un fattore di protezione medio.
Poi la stagione e la latitudine fanno il resto: d’inverno di vitamina D se ne sintetizza molto poca, per via dell’inclinazione dei raggi solari. Per la stessa ragione più ci si allontana dall’equatore, meno la radiazione UV è efficace.
Nei primi due anni di vita la vitamina D è fondamentale, oltre che per la sua attività sullo scheletro, anche perché interviene nello sviluppo del sistema immunitario intestinale, proteggendo il bambino dalle allergie.
È stato osservato infatti che una concentrazione ottimale di vitamina D nell’infanzia si associa alla protezione da diverse malattie: dalle respiratorie, alle autoimmuni come diabete mellito di tipo 1 e morbo di Chron, dalla dermatite atopica alla sclerosi multipla... Il pediatra deve valutare, caso per caso, se è necessario aggiungere vitamina D come supplemento alla dieta.
La vitamina D è fondamentale per prevenire diverse patologie, e può essere impiegata ad alte dosi per curare patologie autoimmuni già conclamate.
Le alte dosi di vitamina d vengono impiegate nel metodo Coimbra per curare la sclerosi multipla, la psoriasi, l'artrite psoriasica, la vitiligine.
Il dott. Cicero Coimbra, che l'ha ideato, è un neurologo brasiliano, professore e ricercatore nell’ambito delle malattie del sistema nervoso e autoimmuni.
- scarsa esposizione solare
- scarsa assunzione di vitamina d con gli alimenti (è presente prevalentemente nel fegato dei pesci, per esempio nell'olio di fegato di merluzzo)
- alterata attività dell’enzima che determina la sua attivazione
possano determinare l’insorgenza della gran parte delle malattie autoimmuni.
La vitamina D, considerata da Coimbra un vero e proprio ormone, influenza l’espressione di una parte del nostro patrimonio genetico (anche più del 10%) risultando essenziale come agente immunomodulatore e offrendo, a livello del sistema nervoso centrale, un’azione antinfiammatoria e antiproliferativa.
Secondo Coimbra i livelli di vitamina d (100 Unità Internazionali giornaliere) assunti comunemente con una dieta occidentale risultano insufficienti al nostro fabbisogno. In base al protocollo la dose si può estendere fin oltre i 500 UI per kg di peso corporeo al giorno.
In Italia ci sono diversi medici che applicano tale protocollo. Chi è intenzionato a seguirlo deve necessariamente farsi seguire da un medico specializzato, evitando il fai da te, in quanto il sovradosaggio comporta dei rischi specialmente in relazione all'attività renale.