Il controllo del dolore provocato da un atto chirurgico ha limitato per diversi secoli l’attuazione pratica della chirurgia. Molte malattie erano già ben note, ma quasi nessuno si sottoponeva volontariamente al supplizio di un intervento chirurgico senza anestesia.
Dalle nostre letture d’infanzia ricordiamo “Le mie prigioni” di Silvio Pellico (1789-1854), intellettuale piemontese imprigionato dall’Impero Austriaco nella fortezza dello Spielberg (attuale Repubblica Ceca) solo per aver espresso critiche al governo. Uno degli episodi più toccanti di questo bel libro riguarda la descrizione dell’amputazione della gamba subita da Piero Maroncelli (1795-1846), patriota romagnolo, scrittore e musicista, arrestato insieme a Pellico in una villa sul lago di Como dagli Austriaci nel 1820 per attività sediziosa. Ovviamente l’intervento venne praticato senza anestesia. Al poveretto venne dato un bicchiere di grappa prima dell’intervento e una striscia di cuoio da mordere. Al termine della tortura Maroncelli donò al chirurgo l’unica cosa che possedeva, una rosa, per mostrare la propria gratitudine per la sua rapidità.
L’amputazione di coscia era uno degli interventi che venivano più frequentemente praticati in chirurgia di guerra. I chirurghi dell’esercito napoleonico erano bravissimi e in pochi minuti eseguivano l’intervento sul campo di battaglia. La ferita veniva trattata con un ferro rovente a scopo emostatico e antisettico. Era necessario amputare la gamba di ogni soldato colpito da arma a lama o pallottola per evitare che si sviluppasse la gangrena gassosa, un’infezione dei tessuti rapidamente mortale.
Quindi i ricordi lasciati dall’intervento ai sopravvissuti erano spaventosi.
Spostandoci ora nello stesso periodo di inizio Ottocento, nei villaggi dei neonati Stati Uniti, ritroviamo popolazioni pacifiche che vi si erano trasferite per trovare un lavoro e mantenere la famiglia.
In quei villaggi erano molto popolari le fiere, in cui si commerciava di tutto e si poteva trovare anche un momento di svago.
A quei tempi i dentisti, in realtà cavadenti, svolgevano la loro opera su palchi tra i baracconi. Tutti potevano vedere il cavadenti all’opera, vedere la sua abilità nell’estrarre denti, quanto soffrisse il malcapitato e farsi un’idea dell’intervento in caso di bisogno. Anche per il paziente l’esibizione pubblica aveva un senso: lo tutelava da ciarlatani, truffatori o peggio.
Tra gli altri baracconi ve n’era uno in particolare, fatto solo per divertimento, in cui l’imbonitore faceva aspirare un po’ di gas (chiamato “gas esilarante”) e il malcapitato si metteva a ridere e a ballare senza ritegno alcuno, come se fosse ubriaco.
Si trattava di protossido di azoto, scoperto già nel 1772, ma per il quale non era stata trovata altra applicazione.
A uno di questi spettacoli il 10 dicembre 1844 a Hartford (Connecticut) stava assistendo il dentista Horace Wells (1815-1848). Egli vide un uomo che dopo aver aspirato il gas cominciò a ridere e a ballare, finché cadde dal palco. Ma lo sventurato pareva non sentire dolore (nonostante la caduta) e continuava a ridere e a ballare. Wells capì l’effetto anestetico del gas al punto che il giorno dopo si fece estrarre un dente dal suo assistente, dopo aver aspirato lo stesso gas, senza avvertire dolore.
Dopo aver eseguito numerosi interventi odontoiatrici con il gas esilarante senza provocare dolore ai pazienti, Wells volle darne pubblica dimostrazione.
Si rivolse a un suo vecchio collega e allievo, William Green Morton (1819-1868) che lo aveva lasciato per studiare medicina ad Harvard trasferendosi poi a Boston. Infatti, all’epoca, i dentisti non erano laureati in medicina. Morton gli fissò un appuntamento per un intervento dimostrativo da effettuarsi presso il Massachusetts General Hospital di Boston.
Nonostante fosse tra i più grandi e importanti dell’epoca, in questo Ospedale dal 1821 al 1846 erano stati praticati, in tutto, appena 300 interventi. La motivazione sta nel fatto che, fino al XIX secolo, bisognava essere disperati per rivolgersi al chirurgo nella consapevolezza che ogni intervento comportava dolori disumani, oltre all’elevato rischio di infezioni generate dalla mancanza delle pratiche antisettiche.
Il 20 gennaio 1845 Wells si presentò nell’anfiteatro chirurgico dove operava il famoso prof. John Collins Warren (1778-1856).
Le cronache dell’epoca narrano che Wells si rivolse ai presenti chiedendo se qualcuno aveva bisogno di una estrazione dentaria e la effettuò su un giovane obeso che si era reso volontario.
Fu un insuccesso totale. Il paziente, nonostante l’inalazione di protossido, avvertì forte dolore e il povero Wells, umiliato e mortificato, fu costretto a lasciare la sala prendendosi dell’imbroglione! Egli ancora non sapeva che il protossido di azoto si diluisce nel tessuto adiposo, per cui gli obesi necessitano di dosi ben più elevate.
Morton aveva capito che il protossido di azoto ha un’azione incostante e lo sostituì con l’etere solforico. Così egli, per la prima volta il 30 settembre 1846, impiegò con successo l’etere per un’estrazione dentaria sul paziente Eben Frost, un insegnante di musica. Questi acconsentì, dopo l’intervento, la sera stessa, ad accompagnare Morton e il suo collega dentista, il dottor Hayden, che aveva assistito all’estrazione, alla redazione del Boston Daily Journal.
Nell’edizione mattutina del 1º ottobre apparve l’articolo che recava la notizia:
“Ci si comunica che ieri sera fu strappato un dente a persona che non ne risentì alcun dolore. L’inalazione di una certa sostanza la fece cadere in un assopimento che durò tre quarti di minuto, il tempo sufficiente per estrarre un dente.”
Il 16 ottobre 1846 Morton effettuò la dimostrazione pubblica nello stesso Massachusetts General Hospital con il chirurgo prof. Warren, dove si era cimentato lo sfortunato Wells. Warren asportò un tumore del collo al signor Albert Abbott.
Al paziente, Morton aveva fatto precedentemente respirare i vapori contenuti in una sfera nella quale era inserita una spugna imbevuta di etere. Questa volta il paziente non avvertì alcun dolore. Lo stesso Warren, che aveva eseguito con scetticismo l’intervento, pare si sia rivolto ai numerosi presenti con le lacrime agli occhi mormorando incredulo:
“Signori, qui non c'è nessun imbroglio (Gentlemen, this is no humbug)”. Subito dopo Warren, parlò il dottor Henry Jacob Bigelow che aveva assistito il collega nell’operazione:
“No, signori miei, qui non può esserci suggestione. Avete osservato le palpebre chiuse, la testa abbandonata all’indietro nel sonno, i lineamenti calmi del nostro paziente durante l’operazione? Tutti questi sono segni inconfondibili di sonno profondo, di insensibilità completa. Abbiamo or ora assistito a un grande avvenimento per la chirurgia. Alla nostra professione è stato tolto per sempre il suo orrore”.
In quella data nasceva l’anestesia moderna che in pochi anni insieme alla scoperta dell'antisepsi (grazie al contributo di personalità quali Semmelweiss, Pasteur e Lister) avrebbe segnato un capitolo fondamentale nella storia della chirurgia.
Fu grazie al buon esito di questo intervento che Morton riceverà la laurea ad honorem in medicina dalla Washington University di Baltimora. La sala in cui era stata effettuata l’operazione prese il nome di Ether Dome ed è stata preservata come monumento di questo evento storico.
In definitiva non è possibile identificare l'inventore dell’anestesia, ma Morton certamente giocò un ruolo importante nel suo sviluppo e, più significativamente, nella sua diffusione. Tutto ciò è stato oscurato, comunque, dal suo desiderio di essere visto come il padre dell’anestesia e dalla sua irrefrenabile ricerca del successo economico, nonostante non fosse l’unica ragione della sua ambizione.
Nel 1847 James Young Simpson (1811-1870), ginecologo scozzese, scopri le proprietà anestetiche del cloroformio per alleviare i dolori del parto. Divenne famoso e il suo metodo venne accettato da tutti dopo che lo praticò, nel 1853, sulla Regina Victoria quando diede alla luce il Principe Leopoldo.
Crawford Williamson Long (1815-1878) pubblicò nel 1849 un articolo che riportava la sua esperienza di interventi chirurgici con l’uso di etere come anestetico, iniziata il 30 marzo 1842. Egli operava a Jefferson, Georgia, ed era il medico personale di Thomas Jefferson, 3° Presidente degli Stati Uniti. Eseguì asportazioni di tumori, amputazioni e assistenza al parto con successo. Purtroppo la pubblicazione sul Southern Medical and Surgical Journal avvenne in ritardo.
All’epoca, i medici conservavano molto gelosamente i segreti delle loro scoperte, perché erano fonte di cospicui guadagni. Anche Morton provò a nascondere la vera natura del suo gas, addirittura lo fece brevettare con altro nome, sempre per brama di danaro. Ma per fortuna non c’è esercito che possa bloccare una nuova idea e le scoperte utili si diffondono rapidamente.
Wells, Morton e Long lottarono per anni per avere la primogenitura dell’anestesia. I primi due addirittura fecero una brutta fine per la loro bramosia. Long ispirato solo da sentimenti scientifici divenne il simbolo del suo stato, la Georgia, e dopo la morte la sua statua, in rappresentanza del suo paese venne messa nella cripta del Campidoglio a Washington DC. Nel 1940 gli venne addirittura dedicato un francobollo.
Concludo questa carrellata di notizie con la scoperta dell’anestesia locale.
Sembra incredibile, ma venne scoperta prima l’anestesia generale di quella locale.
Quella locale venne scoperta a Vienna su ispirazione di Sigmund Freud e dei suoi studi sulla cocaina. Egli suggerì a un collega oculista di mettere qualche goccia di cocaina sulla cornea.
Nel 1884 Karl Koller (1857-1944), oculista, seguì questo consiglio di Freud e vide che funzionava. Prima di questa scoperta era molto difficile operare sulla cornea per l’inevitabile riflesso di chiusura dell’occhio. Koller si trasferì negli Stati Uniti dove divenne famosissimo e ricevette il nickname di “Coca Koller”.
In seguito anche i dentisti cominciarono a usare la locale con cocaina.
Nel 1905 venne scoperta la Novocaina, con le stesse proprietà anestetiche della cocaina senza avere quelle stupefacenti.
articolo scritto dal dott. Andrea Coda per Vivacemente3
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