La storia dei primi trapianti di cuore

In questo articolo si racconta la storia dei primi trapianti di cuore e dell’Apartheid. 
Questa è la storia del giardiniere-chirurgo che fu il braccio destro di Barnard.
Christiaan Barnard ed Hamilton Naki
La tradizione agiografica attribuisce il primo trapianto di organo umano ai due santi Cosma (o Cosimo) e Damiano, noti anche come santi medici. 
Morirono martiri in Siria nel 303 sotto l’impero di Diocleziano. Erano due gemelli di origine araba, poi medici in Siria. Sono venerati da tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi. Il loro  culto come potenti taumaturghi, iniziò subito dopo la morte. La Chiesa li ha designati Patroni dei medici, dei chirurghi, dei farmacisti, degli ospedali.
Prestavano la loro opera con assoluto disinteresse, senza mai chiedere retribuzione alcuna, né in denaro, né di altro genere, sia dai ricchi, sia dai poveri, in applicazione del precetto evangelico: “Gratis accepistis, gratis date”. 
Uno dei loro più celebri miracoli, tramandati dalla tradizione, fu quello di aver sostituito la gamba ulcerata del diacono Giustiniano con quella di un etiope morto di recente. La Guarigione del diacono Giustiniano è un dipinto di Beato Angelico, conservato nel Museo Nazionale di San Marco a Firenze.
Il diacono Giustiniano aveva una gamba malata, ed una notte gli apparvero in sogno i santi Cosma e Damiano che gli sostituivano la gamba con quella di un uomo morto poco prima, facendo un vero e proprio intervento antesignano del trapianto. Al risveglio si accorse che tutto era vero, solo che la gamba nuova era di un etiope, quindi scura.
18 secoli dopo a Città del Capo in Sud Africa, esattamente il 2 dicembre 1967 in un incidente d’auto perde la vita la signora Myrtle Ann Dervall, mentre la figlia Denise, una ragazza di 25 anni, ha le ore contate, a causa delle ferite riportate. In cura all’Ospedale Groote Schuur c’era un droghiere ebreo di 54 anni, Louis Washkansky, che soffriva di diabete e di un incurabile male cardiaco. Il Prof. Christiaan Barnard parlò con il padre di Denise, che diede il suo consenso all’espianto. 
Il primo trapianto di cuore umano al mondo venne effettuato il 3 dicembre 1967: l’operazione fu condotta da Barnard, assistito dal fratello Marius e un team di una trentina di persone. Dopo 9 ore in sala chirurgica il cuore della defunta Denise viene impiantato nel corpo di Washkansky e funziona regolarmente.
La sensazionale notizia fa il giro del mondo in poche ore: Barnard diventa l’uomo del momento.
Il secondo trapianto di cuore di Barnard avviene il 2 gennaio 1968: il cuore del mulatto Clive Haupt viene trasferito nel corpo del dentista Philip Blaiberg, che sopravviverà 19 mesi. Per questa operazione, aver trapiantato il cuore di un nero in un bianco, Barnard riceve il premio di “Uomo dell’anno” da parte dell’Unione degli Stati Africani.
A Dorothy Fisher fu donato un nuovo cuore nel 1969, facendo così di lei la prima persona di colore a subire il trapianto: visse per 12 anni e mezzo dopo l’operazione.
Queste furono le notizie ufficiali che comparvero sui giornali dell’epoca. Certo dietro il lavoro, l’impegno e l’entusiasmo di Barnard operava una numerosa e qualificata equipe medico-chirurgica. In una fotografia del team scattata allora compariva anche un nero. Eravamo in pieno Apartheid e la presenza di un nero suscitò la curiosità dei giornalisti che interpellarono la Direzione del Groote Schuur. La risposta non si fece attendere: era un addetto alle pulizie che passava da lì casualmente.
Questa era una grande menzogna che nascondeva la più incredibile delle storie umane di sacrificio e di umiliazione di un uomo: Hamilton Naki (26 giugno 1926 – 29 Maggio 2005).

L’Apartheid fu un sistema di segregazione razziale forzata e legalizzata che fu praticata in Sud Africa dal 1948 al 1994, per cui i diritti della maggioranza non bianca degli abitanti del Sud Africa furono limitati e la supremazia della minoranza bianca fu legalmente mantenuta.
La segregazione razziale in Sud Africa cominciò al tempo della dominazione coloniale di Olandesi e Inglesi. Comunque l’Apartheid come politica ufficiale fu introdotta nel 1948.
La nuova legislazione classificava gli abitanti in 4 gruppi razziali (nativi, bianchi, di colore e asiatici) e le aree residenziali furono segregate, anche con rimozioni forzate di oltre tre milioni di persone.
I diritti delle rappresentative politiche dei non bianchi furono completamente abolite nel 1970: da quel momento i neri furono privati della cittadinanza sudafricana, legalmente diventando cittadini di uno dei 10 bantustan, nazioni tribali autonome, 5 dei quali dichiarati stati indipendenti.
Il governo provvide a segregare scuole, cure mediche, spiagge e tutti i pubblici servizi (bus, bar, toelette ecc), dando ai non bianchi servizi di livello molto inferiore ai bianchi
Questo stato di Apartheid comprensibilmente provocò una serie di importanti resistenze interne con episodi di violenza, e un pesante embargo commerciale contro il Sud Africa. Fin dagli anni ‘50 una serie di proteste e sommosse popolari sfociarono con la messa al bando delle opposizioni e l’imprigionamento dei leaders anti-Apartheid. Non essendo queste misure sufficienti a domare le rivolte, le organizzazioni statali risposero aumentando la repressione e sponsorizzando gruppi di violenti estremisti. 
L’aumento dell’opposizione spinse nel 1990 il Presidente Frederik de Klerk a iniziare trattative per la fine dell’Apartheid, culminate nelle elezioni multirazziali del 1994 vinte dall’African National Congress di Nelson Mandela. 
Ricordo a questo proposito il film “Invictus” di cui caldeggio la visione a chi volesse approfondire l’argomento.
In questo mondo visse Hamilton Naki, un sudafricano nero, la cui storia venne divulgata solo alla sua morte. Per l’istituto della Previdenza Sociale era il giardiniere in pensione Hamilton Naki. Un vecchio di 79 anni, al quale non spettavano più di 226 Euro al mese (760 Rand dell’epoca). Ma Naki, il giardiniere all’ospedale di Città del Capo, lo fece solo pochi anni. Lui era in realtà il braccio destro di Christiaan Barnard: lo aiutò a fare il primo trapianto di cuore, lo seguì in sala operatoria per anni. Era il suo chirurgo di fiducia, l’assistente prediletto. Anche se la laurea in medicina non la prese mai. Naki era un grande chirurgo, ma clandestino! 
Fu colui che prese dal corpo della donatrice bianca il cuore che fu poi trapiantato a Louis Washkansky nel 1967, durante la prima operazione di trapianto cardiaco umano al mondo. Fu un lavoro molto delicato: il cuore doveva essere rimosso e conservato con la massima cura. Ma soprattutto era del tutto illegale per le leggi razziali dell’epoca: infatti un nero non poteva toccare un bianco. Naki era il secondo uomo più importante dell’equipe che fece il primo trapianto della storia, ma non poté apparire nell’epoca dell’Apartheid. Il chirurgo capo del gruppo, il bianco Christiaan Barnard, divenne immediatamente una celebrità. Ma Hamilton Naki non poté apparire neppure nelle fotografie dell’equipe. Naki portava la mascherina e il cappello, ma non studiò né medicina né chirurgia: aveva abbandonato la scuola a 14 anni. Faceva il giardiniere nella Scuola di Medicina di Città del Capo. Però era curioso ed apprendeva velocemente. Apprese la tecnica chirurgica vedendo i medici bianchi praticare le tecniche di trapianto su cani e maiali. Divenne un chirurgo eccezionale al punto che il Dr. Barnard lo volle a far parte della sua equipe. 
Era un problema: per le leggi del Sudafrica, Naki, nero, non poteva operare pazienti né toccare il sangue dei bianchi. Ma l’ospedale lo considerava talmente valido che fece con lui una eccezione. Lo trasformó in chirurgo... ma clandestino. 
Ma questo non gli interessò. Continuò a studiare e a dare il meglio di sé, indipendentemente dalla discriminazione. Era il migliore. Dava lezioni agli studenti bianchi, ma aveva il salario di un tecnico di laboratorio: il massimo che un ospedale poteva pagare ad un nero. Viveva in una baracca senza luce né acqua corrente, in un ghetto della periferia come si confaceva ad un nero. Naki era sposato con 5 figli. 
La sua famiglia continuò a vivere nel Transkei. Naki inviava loro la maggior parte del suo stipendio, ma riuscì a far studiare solo uno dei figli. Era molto attivo nella sua chiesa e leggeva spesso la Bibbia.
Quando terminò l’Apartheid gli offrirono la massima decorazione sudafricana e la laurea honoris causa. Nessuno fece rilevare le ingiustizie che dovette sopportare durante tutta la sua vita. Nonostante la clandestinità e la discriminazione non cessò mai di dare il meglio di sé: il suo amore per aiutare a vivere. 
Ma non era un bianco: questa è stata la grande maledizione di Naki. In un paese dove vigeva l’Apartheid, il colore della pelle era la discriminante tra buoni e cattivi. Naki era nato da una povera famiglia nera di Ngcangane, un paesotto rurale della regione di Transkei in Sudafrica. Non aveva soldi e non aveva tempo per imparare a farli. Studiò fino alla licenza media; poi andò nella capitale a cercar fortuna. Fu assunto dall’ateneo cittadino per curare i prati e i campi da tennis: spazzare le foglie e tosare l’erba. Andò avanti così per una buona decina d’anni. Passò la guerra mondiale, il National Party stravinse le elezioni del ‘48 e la segregazione razziale che fino ad allora era stata soltanto una gelida consuetudine divenne un codice ferreo. Naki continuò a pulire i parchi. 
La scintilla del destino scoccò nel 1954: un medico ebreo, Robert Goetz, trasferitosi in Sudafrica, faceva esperimenti sugli animali. Aveva bisogno di qualcuno che si occupasse delle sue cavie e Naki accettò il lavoro. Fu così che un nero sudafricano con il diploma di terza media incominciò il suo apprendistato autodidatta. In breve tempo le incombenze di Naki si moltiplicarono. Passò dalla pulizia delle gabbie, alle macchine che pompavano aria nei polmoni delle cavie: “Era difficile, ma io volevo imparare”. All’inizio degli anni 60, nel chiuso dei laboratori della facoltà di Medicina, Hamilton Naki teneva ormai il bisturi in mano. Rivelava il suo straordinario talento per il mestiere del chirurgo. E trapiantava organi: “Imparammo molto dai cani, sostituivamo fegati e cuori”. 
La svolta definitiva nella vita di Naki fu l’incontro con il dr. Barnard. Rientrato dall’America, dove aveva imparato le tecniche di intervento a cuore aperto, il cardiochirurgo aveva bisogno di un assistente e la scelta cadde, ancora una volta, sull’emergente Hamilton Naki. 
La coppia divenne inseparabile: Naki continuava la sua scuola in prima linea, senza libri ma con tanta pratica. Fino a quella notte del ‘67. L’equipe cardiochirurgica guidata da Hamilton Naki compì l’espianto del cuore dal corpo della povera Denise; quella di Barnard, il trapianto. L’intervento riuscì: Christiaan Barnard divenne una celebrità mondiale, ma la faccia del suo assistente nero rimase sconosciuta. “A quei tempi le cose andavano così – commentò Naki filosofico – e tutti continuarono a dire che ero l’uomo delle pulizie”.
Il 3 Dicembre 1967, Barnard divenne una celebrità internazionale praticando il primo trapianto cardiaco coronato da successo, i politici sudafricani sfruttarono l’occasione favorevole per uscire dall’isolamento internazionale dovuto alla condanna morale del mondo nei confronti dell’Apartheid. Certamente Barnard non potè fare tutto da solo, aveva avuto bisogno di una numerosa e qualificata squadra di supporto costituita da chirurghi, medici, tecnici e infermieri ultra-specializzati per l’epoca. Però stranamente si parlò pochissimo di loro. Ufficialmente Naki era solo un giardiniere nero che lavorava nel laboratorio animale dell’ospedale. Ma Naki risultò presente in sala operatoria durante i trapianti, anche se era una cosa del tutto illegale perché era di colore.
L’attività chirurgico-sperimentale portata avanti da Naki fu vastissima. 
Nel 1970 Naki lasciò il team di Barnard e ritornò al laboratorio sperimentale animale per lavorare sul trapianto di fegato da maiale, specializzandosi sulle metodiche di espianto dell’organo, riconoscendo perfettamente eventuali anomalie anatomiche che potevano complicare il trapianto, al tempo in cui non esistevano né TAC, né Ecografia né Risonananza Magnetica. 
Del Khan, capo dell’unità dedicata ai trapianti di organo del Groote Schuur Hospital, che imparò da Naki le tecniche dichiarò: “un trapianto di fegato negli Stati Uniti comprende un team di 2-3 chirurghi estremamente qualificati... Hamilton riesce a farlo da solo” (Associated Press 1993).
Barnard disse: “un trapianto di fegato è molto più difficile che quello di cuore. I medici che lavorano con Naki mi dicono che lui riesce a farlo in molti modi che io non saprei fare. Quindi tecnicamente come chirurgo è migliore di me”.
Nell’era post-Apartheid i giornali iniziarono a scrivere che Naki fu co-responsabile del clamoroso successo dell’operazione di Barnard. Nel 2003 Naki ricevette la laurea in Medicina ad honorem dall’Università di Città del Capo, forse con qualche anno di ritardo... Dopo la sua morte, nel maggio 2005, molti necrologi gli attribuirono un ruolo di leader nello sviluppo dei trapianti. Però alcuni giornali e agenzie, compresa l’Associated Press, smentirono queste notizie, perpetuando l’ingiustizia e la discriminazione che Naki subì in tutta la vita.
Nel settembre 2009 comparve sulla autorevole rivista scientifica londinese “The Lancet” un articolo dal titolo “The story of Hamilton Naki and Christiaan Barnard”, che dava finalmente a Naki il giusto ruolo che ebbe in questa complessa vicenda.
Neppure sul letto di morte, Barnard aveva confidato il segreto di Naki; ma una cosa la disse: “Come tecnico era migliore di me”.
I stole with my eyes” (Rubai con i miei occhi) rispose Hamilton Naki quando gli fu chiesto come aveva appreso la sua impressionante conoscenza chirurgica senza un corso di studi regolare.

Dr. Naki, per quanto hai fatto per l’umanità al di sopra dei tuoi stessi interessi, grazie!

articolo scritto dal dott. Andrea Coda per Vivacemente3

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